Giorgio
12.02.2018 13.02.2018
Roma
La mia esperienza è recente, della perdita di mio figlio Giorgio, così i miei ricordi e le mie emozioni, e tutto il pesante lavoro di elaborazione di una realtà che purtroppo arriva senza motivo e senza preavviso, e che è inesorabile, è tutto in divenire.
Io persi mio padre per un brutto tumore, benchè quella perdita sia stata faticosa per una ragazza di trent’anni, che si ritrovava senza più il forte riferimento affettivo del padre, mi apparì più comprensibile e in qualche misura accettabile. Questa perdita è invece incomprensibile, e penso che tanti come me l’abbiano ritenuta inaccettabile. Tutt’ora la ritengo inaccettabile, ma devo farci i conti.
Io e mio marito desideravamo avere un figlio, e decidemmo presto di provare, inaspettatamente, nonostante la mia non ottimale situazione, questo bambino arrivava in breve tempo, la sorpresa fu tanta, per me e per la famiglia di entrambi. Fu una notizia improvvisa che rese tutti felici.
La paura era anche tanta, che qualcosa potesse non andare bene, e quindi i controlli che effettuavo erano tutti quelli consigliati per una donna della mia età. Tutto procedeva bene, senza brutte sorprese, senza complicazioni. Lo scadere del tempo si avvicinava, ed ero più affaticata, forse perché da mamme sentiamo le cose, io sentivo che avrei potuto partorire prima. Allora avevo ben lavato, a mano, le tutine di Giorgio, mentre mia madre e mia suocera si erano preoccupate di comprare o farmi avere tante piccole cose per il nipotino in arrivo. Abitini, copertine, qualche piccolo gioco, cappellini, il fasciatio. Io e mio marito avevamo scelto con cura il trilogy. Così il giorno in cui ho rotto il sacco, di notte, come sempre accadono queste cose, la valigia con le mie cose e le sue, profumate, era pronta.
Io e mio marito andammo al pronto soccorso e fui ricoverata. Il travaglio doloroso inizio la notte successiva, e partorii in poco più di due ore,un piccolo frugolo, dal viso stupendo e pieno di capelli, di kg. 2,420 per cui avevamo scelto il nome Giorgio. Era la 36 settimana compiuta. Il bambino era dolcissimo e vivo, sembrava riconoscermi, al nostro primo contatto, mi sembrava riconoscere con gioia la mia voce e il mio odore, per pi distrarsi ed ascoltare la voce del padre. Il neonatologo ci fece sapere, tramite le infermiere, che il bambino stava bene, e sarebbe stato al nido con gli altri bambini, ma in una culla termica. Desideravo parlare col neonatologo direttamente, perché la nascita prematura mi metteva pensiero, ma ero al contempo stordita dal parto e da due notti insonni, e dalla necessità di raccogliere le poche energie per quando mi portavano il piccolo frugolo. Lo vedevo così fragile, e tenendolo avevo paura di tutto, non avevo mai avuto bambini, e lui mi sembrava così delicato, un vaso d cristallo. Mi fu portato varie volte durante il giorno. Ero felice e preoccupata, e mio marito Vittorio mi confessò poi di essere stato molto in pensiero, tanto da chiedere che venisse usata l’incubatrice.
Mi fu portato infine alla sera, lui mi sembrava più stanco, erano le 23,30, io tenevo gli occhi aperti a fatica, e lui si addormentò, dopo aver provato più volte ad attaccarlo, perché insistere pensavo, anche lui è stanco, ma il suo era un sonno per sempre, ed eravamo insieme mentre accadeva tutto questo, soli mentre tutte le altre mamme tentavano, nel silenzio ovattato della corsia, di allattare i loro piccoli.
Quel silenzio fu rotto dalla corsa verso il nido dell’infermiera col bambino, e dalle grida “cos’ha questo bambino”. Ci furono poi le altre terribili ore, momenti in realtà, in cui tentarono di rianimare il bambino senza alcun esito, io ero li in quell’irreale attesa. Si trattava di mio figlio, lo avevo appena conosciuto, che stava succedendo?
Le ore successive sono state un incubo, che però era vero, qualsiasi gesto o parola sembravano dette da un’altra persona, qualsiasi accadimento mi sembrava in realtà estraneo a me, ma sapevo anche che era di me che si trattava, credevo di esserne stata io la causa, al primo impatto, quando il neonatologo mi disse che non c’era più nulla da fare, perché non ero stata in grado di accorgermi subito dello stato del bambino, mi sentii io per prima responsabile.
La mattina dopo fui dimessa, mio marito aveva trascorso la notte con me, in reparto, questa notte più buia delle altre, quando tornai a casa, non ricordo come, seppi che la notizia di un prematuro morto in ospedale, nelle braccia della madre, era arrivata alla stampa, e che quel bambino era mio figlio, leggendo di questa notizia la sensazione era di un fatto di cronaca che non mi riguardava. In realtà sapevo che mi riguardava, ovviamente, ma era come se si trattasse di due persone diverse.
I mesi dopo scorrevano in quella strana assurda atmosfera sospesa e dolente, in cui è difficile fare tutto, anche fare la spesa, mi guardavo e non mi accettavo. Vedevo quel corpo del post gravidanza e lo odiavo ancor di più. Orribilmente i giorni dopo il seno doleva, perché il corpo non può sapere che il bambino non c’è più. A volte mi sembrava che ancora ero in gravidanza, come al terzo mese, oppure che potevo sentire i movimenti del piccolo nella pancia, come se fosse il sesto mese.
A volte nei miei pensieri irrazionali, pensavo che una forza oscura avesse preso e rapito mio figlio, che ormai era suo.
Mi sconvolgeva e mi sconvolge ancora desso come la vita nonostante Giorgio non ci fosse più, andasse avanti come prima, senza continuità come se nulla fosse accaduto eppure tutto era accaduto. Noi eravamo al mondo uguali e sani, e lui non c’era.
Ci impegnavamo, come anche adesso, per capire cosa fosse davvero successo al bambino,, era faticoso, tanto faticoso, ma era dovuto a lui. Quando feci la mia deposizione alla polizia, il commissario, abituato a tutto, si mise a piangere.
Così anche i funerali, furono per me strazianti, vedere il padre con la piccola bara in braccio, così come lo vidi col piccolo corpicino in braccio appena morto, tra le cose più dolorose di tutto questo vissuto.
Io e mio marito abbiamo trovato l’energia per organizzare il nostro matrimonio, anche per Giorgio, che comunque è sempre li, nella mia mente, e sono sicura anche nella mente di Vittorio che tanto lo aspettava. Volevamo che il matrimonio fosse il nuovo punto di inizio, avevo bisogno di iniziare da qualcosa di importante.
E’ stato compiuto ogni accertamento su Giorgio, è il bambino risulta sano, la sua rimane una morte senza causa. I dubbi, che ancora non sono stati sciolti riguardano il trattamento post natale, poichè il neonatologo nominato dal giudice non si è ancora espresso. Così attendiamo ancora la definitiva chiusura della perizia, e di conoscere il parere più importante.
Vedere un bambino o una madre con la carrozzina, mi porta com’è naturale a pensare a come Giorgio sarebbe stato, come sarei stata io ora, che lui avrebbe avuto quasi sette mesi. A volte anche quando vedo i bambini grandi, penso a come avrebbe potuto diventare da grande. Di sicuro amava la musica ed era dolce perché così suggeriva il suo visino.
Abbiamo una gattina, nata pochi giorni dopo Giorgio, l’abbiamo presa quando aveva due mesi, dolce e giocherellona, ha contribuito ad alleviare il mio shock. Mi è capitato di controllare che respirasse o di svegliarla, per essere certa che fosse reattiva, come se questo qualcosa che ha preso mio figlio, fosse sempre in agguato su tutti i cuccioli.
Io non ho mai tolto dall’imballo la carrozzina presa per Giorgio, che Vittorio aveva ritirato il giorno della nascita, abbiamo ancora il fasciatoio in camera, una parte di me pensa che non è detto che saremo fortunati, l’altra parte spera di poterli utilizzare di nuovo, di riuscire ad avere un’altra cicogna nonostante l’età, e che un po’ del tenerissimo bambino che era Giorgio possa ritornare nell’altro bimbo.
Testimonianza specifica sull’assistenza del personale medico infermieristico
Come ti dicevo cara Sonia, quanto al comportamento del neonatologo, avevo forti perplessità alla nascita di Giorgio, nato alla 36 settimana, avevo chiesto di parlare col neonatologo, ma non ho avuto contatti, sono state le infermiere a riferirmi che il bambino stava bene avendo indici Hapgar alti, era al nido come gli altri bambini, ma in culletta termica. Al decesso avvenuto in ospedale, il neonatologo mi ha per forza di cose parlato per comunicarmi che nulla era stato possibile, parole di consolazione, io ero disperata e mi ritenevo colpevole di non essermi accorta, e lei devo dire mi ha subito detto che non potevo avere alcuna responsabilità, chiamarono poi uno pschiatra per somministrarmi un calmante, volevo sparire, puoi immaginare…. Il giorno dopo si è intrattenuta con noi la psicologa dell’ospedale, che parlò di morte in culla, ma per la verità i medici non si sono espressi sulla causa.
l’infermiera che prese il bambino quella terribile sera fu tremenda, probabilmente scioccata, quasi mi riteneva colpevole.
Questo per quanto riguarda personale medico, e se può essere utile quello paramedico.
Natascia D.
Mamma in cielo e in terra